La Calabria, grazie alle coltivazioni della Piana di Sibari, con le sue 150 mila piante distribuite su 38 ettari, è la prima regione produttrice in Italia del ‘frutto dell’eterna giovinezza’: le bacche di Goji. La coltivazione è partita 5 anni fa a livello sperimentale e i risultati sono stati fin dall’inizio positivi. La varietà coltivata è della specie Lycium Barbarum, le cui piante madri sono state ottenute tramite un lungo processo di selezione naturale (partendo da 800 piante diverse) durante il quale sono state considerate tre caratteristiche fondamentali per il mercato: grandezza del frutto, assenza di semi e gradi brix. Successivamente le piante madri sono state replicate in laboratorio in modo da non perdere le caratteristiche ottenute. Le bacche calabresi sono di sapore dolce, di colore rosso e di buona pezzatura.
La maggior parte della produzione calabrese viene venduta nel Nord Italia come prodotto fresco, riscontrando un notevole interesse da parte del consumatore finale, al punto che oggi si è ben lontani dal soddisfare la domanda della GDO. Cominciano ad arrivare richieste anche dai mercati svizzero, tedesco, francese e britannico. Anche le prime prove di trasformazione (marmellata, canditi, creme di bellezza) stanno dando risultati incoraggianti. La certificazione di prodotto biologico è incentivante: le quotazioni possono salire del 50%
La produzione di bacche viene commercializzata – spiega uno dei produttori della Piana, Gabriella Martilotti – per il 60 % sul mercato del fresco, in vaschette da 80 grammi, mentre per il 40% circa va sul mercato del trasformato ossia viene utilizzata per marmellate, pasta fresca e secca, liofilizzati, olii essenziali, sughi, composte e canditi, gelati e prodotti artigianali, o viene utilizzato dagli chef per la ristorazione.
Ma del goji non si butta via niente. Un ulteriore interesse è dato infatti dalle foglie e dai germogli della pianta che possono essere anch’essi impiegati oltre che per l’alimentazione (tè e tisane) come prodotti per la nutraceutica. Due università italiane stanno già lavorando sulle caratteristiche nutrizionali e farmaceutiche delle foglie e dei germogli. Ma è nella stessa Calabria che si è concentrata la ricerca a stretto contatto con i produttori-pionieri. Uno spin-off dell’Università della Calabria, la società Macrofarm srl, ha dedicato infatti particolare attenzione alla ricerca sul goji, evidenziandone caratteristiche e proprietà. Il Lycium Barbarum è una pianta piuttosto rustica, infatti resiste a geli intensi, terreni salini e a periodi siccitosi. Predilige, però, posizioni soleggiate e terreni ben drenati e tendenzialmente acidi, tollerando bene anche terreni più basici. La pianta inizia ad essere produttiva dal terzo anno e la coltivazione può durare moltissimi anni, essendo una perenne. Il Lycium Barbarum fiorisce tra giugno e agosto. Una pianta di media grandezza, con apparato radicale consolidato, è in grado di produrre diversi chilogrammi di frutti. Produttività e qualità delle bacche sono molto variabili a seconda dell’ambiente di coltivazione. La raccolta è manuale.
I benefici per il consumatore di goji sono piuttosto straordinari. Il frutto riduce la pressione arteriosa in soggetti ipertesi, riduce i livelli di colesterolo, ha effetti antiossidanti grazie alla presenza di sostanze polifenoliche e vitamina C, interviene quindi nella prevenzione di malattie infiammatorie e del diabete. Macrofarm ha esaminato il contenuto di polifenoli, flavonoidi, acido ascorbico e resveratrolo, e ha verificato l’eccezionale attività anti-ossidante delle bacche.
Ma la ricerca sul goji è precedente all’attenzione riservata alla bacca in Calabria e conforta la scelta fatta dai produttori-pionieri della Piana. Uno studio realizzato nel 1999 dalla Tufts University di Boston, ha stabilito un punteggio per gli alimenti prendendo in considerazione la “Oxygen Radical Absorbance Capacity” (Capacità di Assorbimento dei Radicali dell’Ossigeno), conosciuta con l’acronimo ORAC: maggiore è il potere antiossidante dell’alimento, più alto è il punteggio ORAC assegnato. Se more e mirtilli (piante notoriamente antiossidanti) ottengono punteggi di circa 2.500-3.500 e la melagrana di circa 10.000, alla bacca del Goji viene assegnato un punteggio di ben 30.000.
E prima della scienza c’era la leggenda. Si racconta che nel VII secolo dopo Cristo sulle montagne dell’Himalaya, attorno ad un pozzo di un tempio buddista vi erano delle piante le cui bacche mature non consumate, vi cadevano dentro macerando. I monaci che quotidianamente bevevano l’acqua del pozzo vivevano in ottima salute molto a lungo. La relazione di un medico francese che si recò in quei posti per studiare il fenomeno si chiude con la frase (forse un po’ esagerata): “Pare che il più giovane di questi monaci abbia120 anni”. Sta di fatto che non è un segreto che alcune star di livello internazionale del mondo dello spettacolo hanno da anni adottato il goji per mantenere una forma smagliante.
Tornando alla Calabria, questo successo iniziale della coltivazione delle bacche sta suscitando l’interesse di alcuni dei più importanti gruppi aziendali dell’ortofrutta nazionale e non solo.
Nella foto, di bacche di goji nella Piana di Sibari.