Da oltre un decennio, e non è certo questione degli ultimi anni, le disposizioni normative emesse dal MASAF con riferimento al settore biologico nazionale si sono sempre caratterizzate per un atteggiamento punitivo nei confronti degli operatori e purtroppo alcune associazioni/organizzazioni, sia di settore che non, hanno condiviso tale approccio in modo del tutto incomprensibile. La maggiore evidenza di ciò la si è avuta con il D. Lgs.vo 20/2018 sostituito dal D. Lgs.vo 148/2023. Su questo non abbiamo mai fatto sconti ed abbiamo sempre, in modo corretto e circostanziato, evidenziato gli aspetti negativi per il settore così come li abbiamo circoscritti nell’ultima newsletter con riferimento alla bozza di decreto sulle contaminazioni (vedi news).
Torno su quest’ultima per approfondire alcuni aspetti correlandoli con i dispositivi normativi di settore già promulgati. La bozza di DM si fonda, all’Art. 1, sul concetto di presenza di sostanze non ammesse che poi nel suo articolato viene limitato alla sola presenza di residui di antiparassitari mentre il Reg UE 848/2018 non la limita solamente a queste sostanze. Nel caso di una presenza di una sostanza non ammessa, la proposta normativa richiede che, affinchè l’integrità di prodotto biologico non sia compromessa, la fonte e la causa di tale presenza siano chiaramente individuate e tale presenza sia accidentale e tecnicamente inevitabile.
Ora, se fonte e causa sono state individuate come si può considerare accidentale o tecnicamente inevitabile tale presenza? Nel caso in cui siano state individuate causa e fonte di tale presenza, il Reg 848 all’art. 28 impone misure proporzionate ed adeguate volte a prevenire tali contaminazioni pena l’adozione di sanzioni da parte dell’organismo di certificazione (O. di C.).
Su questo aspetto la proposta non è coerente con la normativa comunitaria. Inoltre, i concetti di accidentalità e di inevitabilità tecnica richiamate nella bozza, in caso di presenza di un solo residuo (< 0,01 ppm), limitano enormemente il mantenimento dell’integrità di prodotto biologico con grave danno per il settore. Quando per accidentalità dobbiamo intendere l’imprevedibilità e l’esclusione che tale evento si ripeta, e per inevitabilità tecnica che le circostanze sono estranee all’operatore e che si tratta di contaminazione ambientale, l’indagine ufficiale da parte dell’O. di C. diventa estremamente complessa e costosa e difficilmente conduce al mantenimento dell’indicazione di prodotto biologico. Ciò si risolve in un danno sia per il settore biologico nel suo complesso che per il singolo operatore.
Fra l’altro il fatto che si tratti di circostanze estranee all’operatore si connette con quanto previsto nel DM “non conformità” in tema di “intenzionalità” poiché o sono estranee o sono intenzionali. Si ricorda, a tal proposito, che il DM non conformità introduce l’onere per l’operatore biologico di dimostrare la non intenzionalità delle non conformità poiché tale DM presume che tutte le non conformità siano intenzionali in quanto, con molta probabilità, al MASAF hanno individuato nell’operatore biologico italiano alcune fattispecie che ineludibilmente ne fanno un “frodatore seriale” e, quindi, degno di particolari attenzioni. Nel biologico si è colpevoli fino a che non si dimostra il contrario: semplicemente assurdo e diffamante per il settore.
Nel momento in cui, sia con presenze inferiori che superiori a 0,01 ppm, l’O. di C. attesta che la presenza non è accidentale e tecnicamente inevitabile, per effetto dell’applicazione del DM recentemente promulgato inerente le non conformità, l’O di C. è tenuto ad applicare non conformità gravi e/o critiche con misure che, quando va bene, comportano la soppressione delle indicazioni biologiche e, per effetto del D Lgs.vo 148/2023 all’art. 24 comma 5, una sanzione amministrativa fino al 5% del fatturato e comunque variabile fra 6.000 e 100.000 euro oppure, per effetto dell’art 24 comma 6, una sanzione pari al 2% del fatturato e comunque variabile fra 2.000 e 100.000 euro.
Tutto ciò fa parte del “trattamento speciale” che la nostra normativa nazionale riserva al settore bio italiano con l’obiettivo di garantirne lo sviluppo in virtù del vantaggio che in tal modo i consumatori riservano al settore nazionale (fra i considerando della bozza di DM sulle contaminazioni). Di fatto tale “trattamento” si traduce in un aumento di costi, con riduzione della competitività, ed in una progressiva sfiducia delle aziende agricole con un elevato turn-over delle stesse a causa del progressivo incremento della burocrazia e dei costi connessi. Aspetto questo particolarmente grave in un momento in cui i prezzi dei prodotti agricoli biologici sono contenuti e difficilmente garantiscono un reddito adeguato.
Fabrizio Piva
Il “trattamento speciale” riservato al bio italiano dalla normativa nazionale
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Da oltre un decennio, e non è certo questione degli ultimi anni, le disposizioni normative emesse dal MASAF con riferimento al settore biologico nazionale si sono sempre caratterizzate per un atteggiamento punitivo nei confronti degli operatori e purtroppo alcune associazioni/organizzazioni, sia di settore che non, hanno condiviso tale approccio in modo del tutto incomprensibile. La maggiore evidenza di ciò la si è avuta con il D. Lgs.vo 20/2018 sostituito dal D. Lgs.vo 148/2023. Su questo non abbiamo mai fatto sconti ed abbiamo sempre, in modo corretto e circostanziato, evidenziato gli aspetti negativi per il settore così come li abbiamo circoscritti nell’ultima newsletter con riferimento alla bozza di decreto sulle contaminazioni (vedi news).
Torno su quest’ultima per approfondire alcuni aspetti correlandoli con i dispositivi normativi di settore già promulgati. La bozza di DM si fonda, all’Art. 1, sul concetto di presenza di sostanze non ammesse che poi nel suo articolato viene limitato alla sola presenza di residui di antiparassitari mentre il Reg UE 848/2018 non la limita solamente a queste sostanze. Nel caso di una presenza di una sostanza non ammessa, la proposta normativa richiede che, affinchè l’integrità di prodotto biologico non sia compromessa, la fonte e la causa di tale presenza siano chiaramente individuate e tale presenza sia accidentale e tecnicamente inevitabile.
Ora, se fonte e causa sono state individuate come si può considerare accidentale o tecnicamente inevitabile tale presenza? Nel caso in cui siano state individuate causa e fonte di tale presenza, il Reg 848 all’art. 28 impone misure proporzionate ed adeguate volte a prevenire tali contaminazioni pena l’adozione di sanzioni da parte dell’organismo di certificazione (O. di C.).
Su questo aspetto la proposta non è coerente con la normativa comunitaria. Inoltre, i concetti di accidentalità e di inevitabilità tecnica richiamate nella bozza, in caso di presenza di un solo residuo (< 0,01 ppm), limitano enormemente il mantenimento dell’integrità di prodotto biologico con grave danno per il settore. Quando per accidentalità dobbiamo intendere l’imprevedibilità e l’esclusione che tale evento si ripeta, e per inevitabilità tecnica che le circostanze sono estranee all’operatore e che si tratta di contaminazione ambientale, l’indagine ufficiale da parte dell’O. di C. diventa estremamente complessa e costosa e difficilmente conduce al mantenimento dell’indicazione di prodotto biologico. Ciò si risolve in un danno sia per il settore biologico nel suo complesso che per il singolo operatore.
Fra l’altro il fatto che si tratti di circostanze estranee all’operatore si connette con quanto previsto nel DM “non conformità” in tema di “intenzionalità” poiché o sono estranee o sono intenzionali. Si ricorda, a tal proposito, che il DM non conformità introduce l’onere per l’operatore biologico di dimostrare la non intenzionalità delle non conformità poiché tale DM presume che tutte le non conformità siano intenzionali in quanto, con molta probabilità, al MASAF hanno individuato nell’operatore biologico italiano alcune fattispecie che ineludibilmente ne fanno un “frodatore seriale” e, quindi, degno di particolari attenzioni. Nel biologico si è colpevoli fino a che non si dimostra il contrario: semplicemente assurdo e diffamante per il settore.
Nel momento in cui, sia con presenze inferiori che superiori a 0,01 ppm, l’O. di C. attesta che la presenza non è accidentale e tecnicamente inevitabile, per effetto dell’applicazione del DM recentemente promulgato inerente le non conformità, l’O di C. è tenuto ad applicare non conformità gravi e/o critiche con misure che, quando va bene, comportano la soppressione delle indicazioni biologiche e, per effetto del D Lgs.vo 148/2023 all’art. 24 comma 5, una sanzione amministrativa fino al 5% del fatturato e comunque variabile fra 6.000 e 100.000 euro oppure, per effetto dell’art 24 comma 6, una sanzione pari al 2% del fatturato e comunque variabile fra 2.000 e 100.000 euro.
Tutto ciò fa parte del “trattamento speciale” che la nostra normativa nazionale riserva al settore bio italiano con l’obiettivo di garantirne lo sviluppo in virtù del vantaggio che in tal modo i consumatori riservano al settore nazionale (fra i considerando della bozza di DM sulle contaminazioni). Di fatto tale “trattamento” si traduce in un aumento di costi, con riduzione della competitività, ed in una progressiva sfiducia delle aziende agricole con un elevato turn-over delle stesse a causa del progressivo incremento della burocrazia e dei costi connessi. Aspetto questo particolarmente grave in un momento in cui i prezzi dei prodotti agricoli biologici sono contenuti e difficilmente garantiscono un reddito adeguato.
Fabrizio Piva
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