Il progetto biodinamico di Bio Cantina Orsogna presentato a OlivitalyMed

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C’è il biologico e il biodinamico nella mission di Bio Cantina Orsogna, in provincia di Chieti, cooperativa di circa 300 soci operativi su 1500 ettari di vigneto certificati biologici, il che rende questa cantina sociale aderente a Confcooperative il principale produttore di uva biologica in Italia. Inoltre, essendo il 50% dei vigneti a uve biodinamiche e certificato Demeter, Bio Cantina Orsogna si propone anche come protagonista di primo piano sulla scena internazionale per quanto concerne la produzione di vini biodinamici.

I soci della Cantina hanno come mission dichiarata la salvaguardia ambientale del territorio e l’impegno a conservare la biodiversità dello splendido territorio in cui è immersa, quella porzione di Abruzzo situata tra il massiccio della Maiella e la costa adriatica che gode di un fantastico microclima e offre un patrimonio di sapere e sapori contadini. Per questo Bio Cantina Orsogna ha avviato il progetto “Pè nin perde la sumente” (“Per non perdere il seme” in dialetto abruzzese), svolto in collaborazione con la Banca del Germoplasma del Parco Nazionale della Maiella, al fine di salvaguardare e rivitalizzare quelle varietà autoctone che rischiavano altrimenti l’oblio, se non l’estinzione.

E’ il caso dell’intosso, una cultivar di olivo presente esclusivamente a Piano di Laroma (antica città romana), un altopiano ai piedi del massiccio della Maiella, in una posizione pedoclimatica che gli conferisce qualità organolettiche distintive ed un elevato contenuto di alcuni polifenoli semplici (idrossitirolo e oleuropeilaglicone). Questa cultivar, da sempre è stata principalmente usata come oliva da tavola e raccolta a mano direttamente sull’albero, per selezionare i frutti migliori da proporre in salamoia. Il nome Intosso viene dal fatto che, per poter essere mangiate, le olive dovevano essere addolcite, ovvero “ndosse”, come si dice in dialetto abruzzese, con un trattamento di acqua e cenere poi sostituito dall’utilizzo della soda. Solo gli scarti venivano destinati alla produzione di olio. “Noi invece abbiamo voluto valorizzare questa cultivar allargando il ragionamento di selezione alla produzione di extravergine” – ci ha spiegato il direttore di Bio Cantina Orsogna, Camillo Zulli (nella foto a destra insieme a Michele Scognamiglio, specialista in Scienza dell’alimentazione), intervenuto a “OlivitalyMed”, manifestazione dedicata alla valorizzazione dell’extravergine svoltasi al Castello di Rocca Cilento, a presentare le prime bottiglie in commercio dell’Evo biologico Intosso e a illustrare il progetto “Pè nin perde la sumente” . “Essendo la raccolta delle olive manuale e riguardando solo quelle verdi e di calibro ottimale – ha aggiunto Zulli -, naturalmente la resa in olio è bassa, circa l’8%, e deve essere in qualche modo recuperata sul prezzo della bottiglia, ma è un prodotto che vale veramente la pena di assaggiare, un extravergine pregiato che racconta il territorio e una cultivar centenaria. Per conservare rigorosamente la fragranza distintiva della varietà, dopo aver raccolto le olive sull’albero (il disegno della scaletta per salire sull’albero e la cesta di raccolta delle olive campeggia sull’etichetta dell’Evo Intosso con il claim “Raccolta in aria”, ndr), le moliamo rigorosamente in giornata e imbottigliamo nelle 24 ore”.

Con questo progetto di nicchia sull’Intosso, realizzato in collaborazione con una cooperativa di Piano Laroma, Bio Cantina Orsogna rinvigorisce quella vocazione olearia che l’aveva caratterizzata alla fondazione (era nata nel 1964 come “Società olearia e vinicola”, ndr) ) e che, nonostante l’attenzione predominante alla produzione vitivinicola, aveva mantenuto con la proposta del suo extravergine biologico e biodinamico “Frantoio Fraia”. “Supportiamo la cooperativa partner a Casoli mettendo in campo la nostra capillare rete vendita – ci ha detto Zulli – Con l’aggregazione si è più forti sul mercato e riusciamo a dare concreto sostegno a questo progetto la cui finalità è conservare un prodotto, l’habitat naturale di produzione e soprattutto l’agricoltura del territorio”.

La Cantina ha anche avviato un altro progetto di valorizzazione e recupero di una cultivar siciliana, la Nocellara del Belice, “sempre in partnership con una cooperativa locale, con cui già collaboriamo sul vino biodinamico”, ha osservato Zulli. “Anche questo progetto – ha concluso il direttore di Bio Cantina Orsogna – fa parte della nostra missione di trovare e valorizzare la qualità del territorio”.

Cristina Latessa

Notizie da GreenPlanet

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