Franceschini (Altromercato): obiettivi specializzazione e consapevolezza dei consumatori

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Sulla strada verso la pubblicazione del secondo bilancio di sostenibilità, Altromercato, realtà leader nel settore del Commercio Equo e Solidale ha chiuso il fatturato 2022 con un attivo di 34,5 milioni di euro, in crescita dello 0,4% rispetto all’anno precedente.

Tuttavia lo tsunami dei costi diventa insostenibile anche per i player del commercio fair trade e se alcuni trader stanno iniziando a mollare i piccoli produttori d’oltre mare, Altromercato lavora sulla specializzazione. Si è concentrato solo sul food, diventandone l’unico operatore italiano nel settore, e riducendo l’impegno in altri settore come quello dell’artigianato, della moda e della cosmesi.

Sul lungo periodo rilancia puntando ad inserire nel paniere del consumatore ISTAT, accanto ai prodotti bio, anche quelli da commercio equo e solidale che sono cresciuti in Italia del 9%.

Ne parliamo con Alessandro Franceschini, presidente di Altromercato, in un intervista esclusiva che anticipa la pubblicazione del bilancio di sostenibilità.

– Presidente, una valutazione del settore fair trade in generale alla luce della particolare congiuntura economica. C’è chi dice che ne esca penalizzato, è vero?

“Il fatto che nel paniere ISTAT 2023 – ci dice Franceschini – siano entrati anche i prodotti bio conferma quanto stiamo osservando: la sensibilità del consumatore è cambiata. E questo accade nonostante il difficile periodo storico ed economico, in cui prevale la corsa al prezzo più basso anche a scapito della qualità e dell’eticità dei prodotti. Per questo siamo positivamente sorpresi dell’inserimento nel paniere di così tanti prodotti biologici che di fatto fotografano una società che sempre più spesso sceglie invece di consumare”.

– Può anticiparci qualche dato del vostro bilancio di sostenibilità? 

“Dai dati del nostro secondo Bilancio Sociale e di Sostenibilità possiamo evidenziare che il 57% dei nostri prodotti sono Bio e che nelle nuove referenze a marchio Altromercato la percentuale sale al 59%. In particolare, cresce l’importanza del settore delle banane biologiche ed equo-solidali Altromercato, diffuse nei supermercati e nelle nostre Botteghe, che vengono scelte dai consumatori non solo perché buone, ma anche perché simbolo di un modo di produrre sostenibile per le persone e l’ambiente. In futuro ci piacerebbe che anche i prodotti delle filiere eque e solidali venissero inseriti nel paniere, per sottolineare quanto l’attenzione alla sostenibilità ambientale debba procedere di pari passo con il miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei produttori, in qualsiasi parte del mondo essi si trovino”.

– Come viene redistribuito il valore economico generato dall’attività di Altromercato?

“Il valore economico creato da Altromercato è pari a 34,5 milioni di euro, in crescita dello 0,4% rispetto all’anno precedente. Nell’anno 2021/22 il valore è stato redistribuito per il 41% ai produttori partner del commercio equo e solidale e dell’economia sociale, il 23,5% ai fornitori di beni e il 22,4% ai fornitori di servizi e il 10.5% ai dipendenti”.

– Quali sono i prodotti che crescono di più?

“Tra i primi prodotti importati da Altromercato 35 anni fa è stato il caffè del Messico ora, l’importanza del mondo food, ha superato il 92% del totale con una crescita delle vendite food e materie prime pari all’1,3% complessivo. Gli Acquisti Solidali Italiano sono cresciuti del 9%. Oggi, del totale di acquisti fair trade per il marchio Altromercato, l’80% avviene in maniera diretta dai propri produttori al Sud del Mondo e Solidale Italiano. Nel 21-22 sono cresciuti gli acquisti di Cacao in America Latina, area geografica che vale il 41% degli acquisti fair trade Altromercato. Proprio per garantire supporto all’operatività commerciale dei propri  partner, Altromercato ne agevola l’accesso al credito”.

– Come?

“Con un’azione che impatta sulla capacità di programmare l’attività e di acquistare strumenti di produzione e materie prime, riduce la dipendenza da intermediari, banche e speculatori e accresce la capacità di negoziare garanzie. In generale, nel biennio 2021-22, per quanto riguarda i produttori nel sud del mondo, a fronte di 11,7 milioni di euro di acquisti, i prefinanziamenti sono stati 4,8 milioni quando all’America sono stati destinati 2,5 milioni, all’Africa 1,2 milioni e all’Asia 1 milione”.Il valore medio prefinanziato ed erogato per produttore nell’area Sud del Mondo è così salito, nell’anno 2021-2022, del 12,8%, passando a 100mila euro rispetto agli 88.136 dell’anno precedente.

– Come impattano su questo settore gli effetti del Covid prima e della guerra adesso?

“Direi in maniera rilevante su tutta la catena di approvvigionamento. E questo è un aspetto che non può essere sottovalutato per chi lavora con altra parte del mondo perché implica maggiori costi delle materie prime tra energia e servizi di approvvigionamento per l’importazione dei prodotti. Se nel mercato tradizionale, le aziende possono rivalersi sui produttori cercando di contrattare un abbassamento del prezzo per poi agire con riduzioni di quello a scaffale, nel commercio equo solidale manca una di queste due leve che è legata al rapporto con il produttore per definizione sostenibile. Ci sono dei contratti prestabiliti per cui diventa complicato internazionalizzare e si risolve tutto con una riduzione dei margini”.

– Quanto ha inciso l’aumento dei costi sul vostro fatturato finale?

“Stiamo parlando di una mazzata di 600mila euro in più che ha comportato una riduzione del margine operativo tra il 10 e il 15%. Per noi è tanto. La situazione è paradossale. Pensi che ci sono stati dei container di artigianato importato dalla Thailandia e dal Sud Est asiatico in cui il solo trasporto valeva più del costo dei prodotti nei container. Per questo molte realtà hanno abbandonato i piccoli produttori del commercio equo e solidale”.

– Quali possibili scenari si prospettano per il fair trade di Altromercato?

“Noi ci dobbiamo focalizzare sulle filiere identitarie, quelle su cui il commercio equo solidale è cresciuto come il caffè, il cacao, lo zucchero di canna, le banane e poi anche il pomodoro in Italia. Qui stiamo aumentando le aggregazioni. Stiamo lavorando per gestire meno categorie ma con più economie di scala. Abbiamo dismesso tutta la filiera del tessile, ad esempio, o dell’artigianato, per specializzarci. Per mantenere l’offerta abbiamo creato delle joint venture con altri gruppi che operano nel settore del commercio equo solidale, che a loro volta si sono specializzati in settori complementari”.

– In questo modo si elimina la concorrenza?

Non c’è concorrenza interna, ma i prezzi sono calibrati sul mercato in funzione calmierante. Tuttavia lavoriamo inevitabilmente su segmenti di prezzo più alti per cui è fondamentale operare sulla consapevolezza del consumatore sia sul senso dei nostri prodotti che sulla possibilità di comprare meglio e, magari, sprecare di meno”.

Mariangela Latella
maralate@gmail.com

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