L’ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo-alimentare legato al Ministero dell’Agricoltura) sta pubblicando un’indagine sui prodotti DOP (denominazione di origine protetta, riconosciuta dall’UE fin dal 1992) e IGP (indicazione geografica protetta, riconosciuta dallo stesso regolamento europeo delle produzioni DOP).
L’indagine, condotta tra il 2008 e il 2010 presso 50 punti vendita della grande distribuzione organizzata, analizza il posizionamento di mercato dei prodotti tutelati da marchi comunitari e la percezione nel vissuto del consumatore.
Dalla valutazione dei risultati, emerge che resta circoscritto il grado di conoscenza dei consumatori italiani in materia di prodotti DOP e IGP.
Un fattore che in generale si riflette sulla capacità di attribuire il giusto valore alle denominazioni d’origine, di coglierne appieno le caratteristiche distintive e di riconoscere loro un premium price, cioè un prezzo superiore a quello di mercato. Sono inoltre individuate alcune aree di criticità che investono principalmente la sfera della conoscenza del consumatore e quella dei rapporti tra produttori e retailer, con le logiche della distribuzione moderna che appaiono spesso distanti dal mondo produttivo di riferimento.
In alcuni comparti merceologici, il vasto assortimento dell’offerta e l’ampia segmentazione in termini di prezzi e linee/formati induce spesso confusione nel cliente. Nel banco take away è frequente il rischio di banalizzazione del prodotto DOP/IGP e di indistinguibilità rispetto al convenzionale, mentre nella vendita assistita appare fondamentale il ruolo del banconista. L’analisi di posizionamento ha anche evidenziato alcune dissonanze nei rapporti tra produttore e insegne distributive. Spesso forniture non adeguate ai requisiti e ai quantitativi richiesti dalla grande distribuzione vengono infatti penalizzate sia nelle politiche di referenziamento, sia nell’allocazione sullo scaffale.
L’indagine dell’Istituto individua, infine, una serie di azioni correttive di marketing declinate a livello di iniziative di carattere istituzionale, aziendale e distributivo, essenzialmente finalizzate a ridurre il gap informativo attualmente esistente e a migliorare la conoscenza sui prodotti alimentari di qualità. L’argomento è ampiamente noto agli addetti ai lavori, mancava però un contributo di tipo analitico-scientifico che chiarisse in modo neutro, il più possibile oggettivo, i termini della questione.