Di Pisa (Fedagromercati): nei mercati all’ingrosso c’è poca proposta bio

Valentino Di Pisa

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È una presenza al lumicino quella dei prodotti bio all’interno dei mercati all’ingrosso. Quali sono i motivi per questa marginalità del fresco bio all’interno dei Centri Agroalimentari, e che prospettive ci possono essere per il futuro, lo abbiamo chiesto a Valentino Di Pisa, presidente di Fedagromercati, la federazione nazionale che rappresenta circa 700 aziende che lavorano nei 26 maggiori mercati italiani. Di Pisa è lui stesso imprenditore del settore e guida la Di Pisa srl che commercializza ortofrutta all’ingrosso dal 1939. Con oltre 75 anni di esperienza, la Di Pisa srl è l’azienda più longeva all’interno del CAAB di Bologna. E anche “l’unica – come sottolinea orgoglioso il presidente Di Pisa – a proporre un’ampia gamma di prodotti biologici, da verdure come a frutta e fino alla frutta secca”.

– Presidente, perché il biologico è per così dire merce rara all’interno dei mercati all’ingrosso, cosa frena la sua espansione?

“Sicuramente il costo eccessivo dei prodotti, ma anche il fatto che l’acquirente tipo del mercato all’ingrosso (quindi dettaglianti ed ambulanti), oltre ad essere molto attento alla qualità, lo è anche all’estetica, e si sa che nei prodotti biologici questa componente non spicca di certo. Più che per l’ortofrutta fresca, c’è molto più interesse per i trasformati biologici, ed in questo ambito i mercati potrebbero ricoprire un ruolo strategico sia per il picking che per la ridistribuzione. Va inoltre detto che, per poter commercializzare prodotti biologici, è necessario essere certificati e la maggior parte dei nostri clienti tradizionali non lo sono; è quindi la GDO che tratta maggiormente questi prodotti, ma perlopiù non transita dai mercati”.

– Cosa si potrebbe fare per avere più bio nei grandi centri agroalimentari italiani?

“Come dicevo prima, i CAI potrebbero svolgere il ruolo di piattaforme distributive a servizio anche della GDO”.

– L’Italia è il primo Paese europeo nel settore biologico per quota di superficie agricola dedicata, numero di operatori ed export; siffatta leadership non meriterebbe più spazi distributivi?

“Assolutamente sì, ma purtroppo oggi non ci sono le condizioni e di fatto il prodotto fresco biologico resta solo una nicchia nei nostri mercati”.

– Il consumatore italiano secondo lei è sufficientemente consapevole delle qualità di gusto e salubrità del biologico?

“Forse non lo è del tutto, così come non lo è del tutto anche del prodotto tradizionale, che comunque rimane un prodotto di altissimo livello, in particolare dal punto di vista della salubrità, in quanto il nostro Paese effettua controlli e restrizioni su pesticidi ecc, più di chiunque altro in Europa”.

– Le Istituzioni potrebbero fare di più, a suo parere, per sostenere lo sviluppo del biologico in Italia?

“Certamente si può sempre fare di più, però è indubbio che ad oggi le Istituzioni abbiano già fatto molto a sostegno delle aziende e della produzione biologica, attraverso contributi economici e piani di sviluppo dedicati”.

Cristina Latessa

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