Giovanni Di Costanzo di BioItalia ha accolto subito l’invito a dibattere i temi (bio-distretti e filiera bio) lanciati nell’editoriale di GreenPlanet di ieri 22 febbraio. Lo ringraziamo per questo e per le puntuali considerazioni espresse nella speranza che altri intervengano sui due argomenti. Ecco il testo integrale di Di Costanzo.
‘Egregio Direttore, ho letto l’editoriale e vorrei fare alcune considerazioni. Mentre mi trova in totale disaccordo sui biodistretti, sono invece molto favorevole alle filiere ed auspico che queste possano nascere e svilupparsi velocemente. Cercherò di spiegare le due cose.
BIODISTRETTI. Se ne sente parlare da diverso tempo ed io ho sempre considerato, perlomeno nel modo in cui ne ho sentito parlare, essi proprio come una ghettizzazione del bio, mentre secondo me il bio dovrebbe rappresentare la nuova strada dell’agricoltura italiana in generale. Ricordo di aver partecipato ad un convegno dove si parlava del distretto di una piccola zona della Campania ed in quell’occasione dissi che bisognava parlare di distretto bio per l’intera regione Campania, poichè uno dei problemi grossi del bio-distretto è la promozione dei prodotti del distretto e che solo una regione intera avrebbe potuto veicolare, meglio ancora una nazione intera. Approfitto dell’occasione anche per suggerire di non utilizzare più termini come ‘biologico più garantito’ o ‘ biologico più vero’, si rischia di far pensare ad un biologico vero e ad un biologico meno vero. Io credo che invece esistano operatori onesti e disonesti, ma questo è in qualsiasi settore, semmai si devono mettere in campo strumenti che allontanano i disonesti dal nostro settore ed ecco perchè è importante parlare di filiera.
FILIERA. Questa dovrebbe rappresentare proprio la risposta del mondo biologico ai tanti detrattori che approfittando delle vicende come quelle ultime accadute colgono l’occasione di denigrare il settore vanificando i notevoli sforzi che operatori onesti fanno per poter affermare il prodotto sul mercato. Sono pienamente d’accordo che bisogna smetterla di pensare al proprio orticello e che invece si deve ragionare in termini di sistema. Alla base di una filiera seria ci deve essere l’equità, si deve parlare di minimo garantito, di certezza di ritiro, se questa cosa la faccio solo per la mia azienda mi accollo dei rischi che potrebbero essere invece condivisi con la nascità di più filere che possano ‘parlare fra loro’. Queste cose si sarebbero dovute fare già qualche anno fa, quando il biologico è incominciato ad entrare in Grande Distribuzione o nelle mense o a varcare i confini nazionali. Si deve smettere di parlare di prezzi del biologico riferiti al prodotto convenzionale in termini percentuali, del tipo: il biologico deve costare max il 20% in più, nel migliore dei casi, ciò è falso. Il biologico ha delle variabili agricole, logistiche, commerciali che sono diverse dal convenzionale. Noi operatori del settore dovremmo avere il coraggio di dire anche no alle richieste di prezzi impossibili.
La nascita delle filiere potrebbe anche aiutare il sistema a capire qual’è la vera disponibilità di prodotto bio.
Le filere dovrebbero essere strettamente italiane, almeno per il momento, ed almeno per prodotti di origine mediterranea. Se si mettessero in piedi queste filiere che necessità avremmo di comprare grano o olio o pomodoro o frutta all’estero, visto che sia i consumi interni e le esportazione del bio sono ancora ad un livello tale che basterebbe un territorio delle dimensioni di una regione come la Basilicata a soddisfare la l’intera domanda?
Il consumatore del bio oggi è uno che cerca sicurezza, salute, rispetto dell’ambiente, è un consumatore consapevole che il bio costa di più e quindi se fa un sacrificio per acquistarlo vuole essere garantito’.
Giovanni Di Costanzo