Cozzo, AssoCertBio: “Più burocrazia non significa più efficienza nel settore”

Riccardo Cozzo - AssoCertBio

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“Sbagliato pensare che più burocrazia significa più efficienza nel settore, bisogna invertire la rotta”. Parola di Riccardo Cozzo, presidente di AssoCertBio, l’Associazione Nazionale che raggruppa 14 Organismi di Certificazione del biologico italiani e che certifica più del 95% delle aziende bio nazionali, per un business di 50 milioni di euro e 1.500 tecnici che operano sul territorio nazionale. “In Italia rispetto ai Regolamenti europei c’è una corsa a voler fare e prevedere più adempimenti, con l’idea che con più aspetti burocratici i controlli migliorano – osserva a GreenPlanet il presidente Cozzo, a margine della partecipazione all’evento Appuntamento con il Bio svoltosi a Bracciano – Naturalmente questo non è assolutamente vero e il carico burocratico previsto per le certificazioni è un disincentivo per gli operatori. Abbiamo segnali per il 2024 di aziende che pensano addirittura di uscire dal settore per questo motivo, oltre ai vari motivi di congiuntura economica e impatto climatico che pesano in genere sull’attività agricola”.

Il presidente di AssoCertBio sottolinea in particolare l’impatto negativo dell’entrata in vigore quest’anno del decreto ministeriale contenente il nuovo catalogo delle misure in cui, a differenza degli altri Paesi europei, al riscontro di non conformità grave, “magari per un aspetto formale”, si aggiunge la sanzione amministrativa (quest’ultima prevista dal Decreto Controlli), anche questa frutto magari di un’omissione formale. “Proponiamo già da tempo una semplificazioni burocratica – sottolinea Cozzo – Bisogna andare più sulla sostanza, liberare tempi e risorse perché gli organismi di certificazione concentrino le verifiche sul campo, solo così aumenta l’ efficienza sui controlli. Sbagliato pensare che più burocrazia significa più efficienza nel settore”.

Intanto anche AssoCertBio fa i suoi passi per puntare a una certificazione sempre più di qualità e l’Associazione ha approvato due settimane fa un codice deontologico “che detta dei principi di comportamento degli Enti di certificazione – ci spiega il presidente Cozzo – al fine di aumentare ulteriormente la professionalità dei certificatori. Abbiamo anche organizzato dei corsi come Associazione, il primo corso è già partito e ora faremo una attività più intensa. Poi c’è tutta la gestione delle informazioni per verificare perché le aziende cambiano un organismo, per evitare cause di abbandono che esulino dall’attività di controllo. Monitoreremo quindi se c’è un gruppo di aziende che cambia per motivi che non sono inerenti al controllo ma magari al tariffario o spinte di altro tipo, in modo da prendere contromisure”.

“Il codice deontologico – aggiunge il presidente AssoCertBio – prevede anche la discussione in comune dei punti non chiari delle norme per elaborare una armonizzazione comune ed eventualmente chiedere chiarimenti in maniera unitaria all’autorità competente. Poi, accanto al comitato per il codice deontologico, abbiamo istituito un comitato di garanzia composto da tre soggetti esterni. Qualora ci fossero punti del codice deontologico, situazioni che non si riuscissero a risolvere con il confronto tra gli organismi interessati, si può ricorrere a questo comitato che decide sulla situazione specifica. È un modo per risolvere in modo arbitrale eventuali punti di attrito e può intervenire anche su problemi che vengono dall’esterno, dal territorio”.

– Presidente, novità in arrivo sul fronte dei costi delle certificazioni?

“Siamo impegnati nello studio per definire i costi necessari per garantire un’attività di controllo efficiente. Non c’è l’intenzione di definire un costo minimo, puntiamo invece a definire un principio sul quale monitoreremo e agiremo. Non entriamo nel dettaglio a definire tariffe perché è importante non andare su dettagli eccessivi, rischia di essere controproducente”.

– Detto questo, possiamo affermare che i costi di certificazione sono equi?

“Sul mercato non puoi andare con tariffe spropositate, te lo impedisce tra l’altro la concorrenza. Il problema reale è quello opposto, che si arrivi a tariffe troppo basse, per cui ci si pone l’interrogativo se il controllo viene fatto in maniera efficiente o questo piuttosto non accade a fronte di tariffe fatte apposta per catturare il cliente. Oggi un’azienda media paga 500 euro all’anno, un costo basso. Il problema del costo lamentato dalle aziende è che, oltre ai costi standard della certificazione, le piccole imprese hanno bisogno di un consulente, un tecnico per garantirsi sui vari aspetti della certificazione, costi aggiuntivi, quindi, che senz’altro appesantiscono il tutto“.

Cristina Latessa

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