Quale sostenibilità certificare? Se n’è parlato mercoledì 9 aprile al Vinitaly, in un convegno promosso da CCPB e Certiquality. La fiera del vino non ha ospitato solo degustazioni di qualità, ma é stata occasione per riflettere su come progettare la sostenibilità ambientale, economica e sociale del comparto vitivinicolo italiano.
Nella discussione ci si é focalizzati su come rispondere alla domanda di prodotti alimentari sicuri per una popolazione in forte crescita, mantenendo inalterate le condizioni ambientali dei propri territori, migliorando al tempo stesso le condizioni di lavoro e l’etica della produzione.
Afferma Lino Nori, presidente del Consorzio il Biologico: “Un esempio concreto e realizzato di sostenibilità viene proprio dal biologico”. Aggiunge Umberto Chiminazzo, direttore generale di Certiquality: "Il valore della certificazione risiede nella terzietà di chi effettua i controlli". Massimo Tagliavini, della Libera Università di Bolzano ha parlato di come sia già possibile un utilizzo efficiente delle risorse nel frutteto e nel vigneto.
Ettore Capri, del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile OPERA dell’Università Cattolica di Piacenza, ha spiegato come misurare il miglioramento ottenuto attraverso produzioni sostenibili. Secondo Fabrizio Piva, amministratore delegato CCPB, il biologico per primo si è occupato di sostenibilità ambientale per cercare un equilibrio fra natura e produzioni. Massimo Marino, di The International Epd System, e Giuseppe Garcea di CCPB hanno descritto la certificazione Epd (Environmental Product Declaration, sistema di origine scandinava), uno strumento che permette di valutare tutti gli impatti ambientali di un prodotto e comunicarli in maniera trasparente e puntuale a clienti, consumatori e parti interessate.
L’intervento di Armando Romaniello di Certiquality si é invece concentrato sulla recente linea guida ISO 26000, uno strumento che traccia un percorso di sostenibilità per le imprese, tenendo sotto controllo le diverse dimensioni economica, sociale e ambientale. La certificazione SR10 rappresenta un’attestazione di parte terza del percorso di sostenibilità effettuato.
Entrando un po’ più nello specifico, diamo una sintesi abbastanza ampia di alcune relazioni.
Utilizzo efficiente delle risorse nel frutteto e nel vigneto per migliorare la sostenibilità delle produzioni. Massimo Tagliavini, Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano.
Le produzioni agrarie sostenibili dovrebbero essere tali sia dal punto di vista ecologico, sia da quello economico e sociale. I consumatori sono, in media, sempre più interessati al processo di produzione di alimenti ed alla sua sostenibilità, pretendendone a volte la certificazione. Altrove, i produttori (in senso lato) traggono comunque un vantaggio se sono in grado di dimostrare la sostenibilità del loro processo produttivo.
Quest’ultima è spesso strettamente collegata alla capacità di ottenere un risultato produttivo soddisfacente, minimizzando le immissioni nel campo coltivato di composti derivanti dalla chimica di sintesi (es. fitofarmaci, fertilizzanti, etc.), per evitare che essi rimangano sui prodotti come residui, che si accumulino nel suolo o che vengano trasferiti nelle falde, attraverso al lisciviazione, o nell’aria, attraverso la loro volatilizzazione. In aggiunta a ciò, va considerato che i mezzi di produzione impiegati, oltre a essere un costo per gli agricoltori, hanno un equivalente energetico e un’impronta carbonica che deriva dal loro processo di produzione, stoccaggio e distribuzione.
Nei frutteti e nei vigneti, come in altri sistemi agrari, è fondamentale utilizzare le risorse disponibili e non rinnovabili in modo razionale, minimizzandone l’uso in base alle necessità: tralasciando per ora gli importanti aspetti legati alla difesa fitosanitaria, nei quali gioca un ruolo chiave la corretta scelta del materiale genetico in funzione dell’ambiente, e concentrandoci invece sull’utilizzo di acqua irrigua, fertilizzanti e energia ausiliaria e su impronta carbonica, l’uso efficiente delle risorse (loro dosi e epoche di applicazione) non può prescindere dal monitoraggio della loro disponibilità a livello di suolo o pianta.
Misurare il miglioramento. Ettore Capri, Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile OPERA, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza.
La sostenibilità è diventata un tema ineludibile per tutti i settori produttivi, per ragioni di sensibilità sociale e anche perché le iniziative di numerosi soggetti sulla scena internazionale definiscono dei benchmark sempre più impegnativi.
La sostenibilità è peraltro al centro della strategia Europa 2020 per uno sviluppo intelligente, inclusivo e sostenibile, le politiche europee per la ricerca e per l’agricoltura pongono molta enfasi sulla esigenza di caratterizzare i processi di innovazione nella produzione, come nei servizi, nel senso della massima coerenza con i principi dello sviluppo sostenibile. Il comparto vitivinicolo italiano ha ben compreso l’esigenza di rispondere alla sfida della sostenibilità e ne è testimonianza il notevole numero di iniziative che negli ultimi anni si sono sviluppate per realizzare dei progetti di sostenibilità finalizzati a promuovere percorsi di evoluzione delle pratiche aziendali nella direzione di una maggiore sostenibilità.
Tutto questo fermento ha certamente consentito al comparto vitivinicolo italiano di inserirsi in modo qualificato nella dialettica che sul tema della sostenibilità dei processi vitivinicoli si è sviluppata a livello internazionale grazie ad iniziative nate nei singoli paesi produttori e all’azione di stimolo dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino.
Nel novembre 2013 il XXX Simei ha consentito di mettere a fuoco un ‘global concept for sustainability in the wine value chain’ e, in questo ambito, sviluppare delle raccomandazioni ritenute utili per incoraggiare lo sviluppo sostenibile della global wine community.
La sostenibilità nel biologico. Fabrizio Piva, CCPB.
Il metodo di produzione biologico nasce e si consolida con l’obiettivo di salvaguardare le risorse naturali e di fornire quantità di prodotti agricoli e alimenti in quantità e qualità sufficienti. Principi, questi, che sostanziano il concetto di sostenibilità e soddisfano il bisogno crescente di sostenibilità sia in termini qualitativi che quantitativi.
La successione colturale, la biodiversità, la salvaguardia delle aree naturali, l’impianto e la cura di siepi e alberature, l’utilizzo di prodotti fitosanitari a ridotto impatto nei confronti delle forme di vita che costituiscono gli equlibri biologici, il ricorso a fertilizzanti organici, il benessere animale, il ridotto carico animale a 170 Kg/ha di azoto escreto per ettaro di superficie condotta secondo il metodo biologico sono alcuni dei criteri che fanno del biologico il principale metodo di produzione che si ispira all’eco-compatibilità e alla necessità di favorire il perpetuarsi dei cicli colturali anche per le future generazioni.
Dalle prime analisi del ciclo di vita LCA (Life Cycle Assessment) emerge un sostanziale ‘vantaggio’ per il metodo di produzione biologico rispetto agli altri metodi produttivi. Questo nonostante il metodo biologico necessiti di affinamenti e maggiori attenzioni al fine di poter sempre dimostrare una maggiore sostenibilità ambientale. Aspetto questo che si verifica nel momento in cui si prendono in carico differenti indicatori e non solamente le emissioni in gas serra che non rappresentano l’unico parametro in grado di dare evidenza della sostenibilità.
Da ciò si evince anche che il biologico ha bisogno di maggiore impegno in termini di ricerca e sperimentazione per recuperare efficienza e combinare una maggiore resa produttiva ed un minor uso di risorse o di input per unità di produzione.
In termini di sostenibilità sociale il biologico rappresenta un buon sistema produttivo in quanto favorisce una maggiore ‘occupabilità’ e comporta un sistema produttivo ad elevata intensità di lavoro ed una maggiore capacità di coinvolgimento degli stakeholder che in qualche modo partecipano al processo produttivo.
Sulla sostenibilità economica il biologico ha dimostrato in questi anni di essere un fattore di successo in considerazione della forte crescita registrata sia in termini di produzione che di fatturato. La crescita dei consumi e la maggiore penetrazione nel mercato costituiscono elementi di forte sostenibilità economica. La sostenibilità economica, però, non è solamente un fattore che emerge dai bilanci aziendali, ma implica anche l’analisi dei costi sociali ovvero di quei costi associati ad un’unità di prodotto che vengono sostenuti dalla collettività ed al momento non sono imputati all’azienda. Su questo aspetto resta ancora molto da fare per comprendere appieno l’economicità del processo e “addebitare” al prodotto i veri fattori di costo.
Alla luce degli obiettivi di politica agraria recenti e quelli di politica ambientale tutti i settori produttivi saranno chiamati a monitorare le proprie performance in materia di sostenibilità. A questo non sfugge neppure il biologico, anzi per il fatto stesso di porsi come paradigma della sostenibilità dovrà fare uno sforzo maggiore rispetto agli altri metodi di produzione.
Lo standard ISO 26000 per la responsabilità sociale: quale relazione con le certificazione di prodotto e di sistema. Armando Romaniello, Certiquality.
Nel novembre 2010 l’ISO ha pubblicato la linea guida ISO 26000: Guidance on social responsibility. Lo schema pubblicato dall’ISO rappresenta la linea guida internazionale di riferimento per aiutare le organizzazioni a contribuire allo sviluppo sostenibile mediante un approccio responsabile. Oggi l’efficacia nella gestione economica di impresa è una condizione non più sufficiente per la gestione e il governo delle imprese.
A fianco alla Dimensione Economica, intesa come capacità di generare reddito e lavoro, risulta fondamentale tanto la Dimensione Ambientale intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali – quanto la Dimensione Sociale, ovvero la capacità di garantire condizioni di benessere e qualità della vita (equamente distribuite per classi e genere). Questi obiettivi sociali, economici e ambientali sono interdipendenti e si rinforzano mutuamente, generando nuove e positive forme di competitività e di gestione responsabile, che diventa strategia integrata con gli obiettivi di sviluppo di impresa.
Pur non essendo al momento prevista la possibilità di rilasciare una certificazione a fronte dello standard ISO 26000, la linea guida rappresenta un utilissimo strumento per definire la politica aziendale in tema di responsabilità sociale e scegliere di conseguenza quali sono gli strumenti e le certificazioni (di prodotto e di sistema) più coerenti rispetto alla politica.