L’idea di base di alcuni scienziati come Dinelli,
Grazia Trebbi, Maurizio Brizzi, Maria Olga Kokornaczyk e Stefano Benedettelli sta nel fatto che in biologia alcuni eventi si verificano a dosi infinitesimali, come accade per l’omeopatia. Un esempio pratico che talvolta viene avanzato è il seguente: “Alcune piante, quelle spontanee di tabacco, quando attaccate da certi bruchi, oltre che a produrre nicotina per intossicare l’aggressore, cominciano a emettere composti dagli stomi – spiega – Tali composti, derivati da una sostanza chiamata indolo, vengono emessi dagli stomi stessi, e hanno la funzione di avvertire altre piante che stanno arrivando dell’arrivo dei predatori, in modo che comincino a produrre preventivamente la nicotina per respingere gli aggressori”. Se questo è un evento che viene osservato, sono altresì disponibili studi che “hanno dimostrato che questi segnali funzionano anche a distanza di qualche centinaio di metri”.
Uno di questi, pubblicato su Agricolture (Evaluation of Equisetum arvense (Horsetail Macerate) as a Copper Substitute for Pathogen Management in Field-Grown Organic Tomato and Durum Wheat Cultivations – Trebbi at al. 2021), si è occupato di analizzare il macerato di equiseto come anti fungino (come a suo tempo aveva proposto il discusso padre della biodinamica, Rudolf Steiner, ndr) e parrebbe funzionare molto bene sul pomodoro per contrastare la peronospora. I risultati raggiunti da questo studio specifico rivelerebbero che il potenziale del macerato di equiseto come trattamento alternativo per la peronospora del pomodoro nei sistemi di gestione agroecologici/organici si dimostra efficace “sia in condizioni moderate che gravi di peronospora con effetti positivi sulla resa complessiva. In condizioni moderate di ruggine bruna, l’equiseto è stato efficace nel ridurre l’incidenza della malattia ed è stato anche efficace nell’aumentare i raccolti sia in assenza di patogeni fungini che in caso di infezioni moderate. Tuttavia, l’equiseto risultava inefficace nella gestione dei sintomi gravi del grano duro”.
Un altro studio – Number of succussion strokes affects effectiveness of ultra-high-diluted arsenic on in vitro wheat germination and polycrystalline structures obtained by droplet evaporation method – aveva lo scopo di indagare “se il numero di colpi di succussione applicati dopo ogni fase di diluizione durante la preparazione dei trattamenti omeopatici influenza l’efficacia del triossido di arsenico ultra diluito”. Effettivamente la succussione parrebbe avere un ruolo fondamentale nella preparazioni di farmaci omeopatici e nella loro efficacia, non solo dal punto di vista degli effetti “locali” ma anche rispetto all’”
effetto sistemico equilibrante”. Non solo: gli effetti sarebbero diversi anche in funzione della durata della succussione stessa.
“Le differenze tra campioni succusati e non succusati possono essere dovute anche alla gassificazione durante l’agitazione, che può variare leggermente pH, conducibilità elettrica, ed equilibri chimici», si legge nello studio. Tuttavia, si prosegue nelle conclusioni della ricerca, «è difficile prevedere che tali cambiamenti chimici possano essere l’unica spiegazione, poiché gli effetti di dinamizzazione sembravano aumentare con il tempo, anche in fiale chiuse e in assenza di ulteriori succussioni”.
Dall’altra parte della barricata, tuttavia,
Elena Cattaneo da tempo sostiene che l’agricoltura biodinamica sia frutto di rituali esoterici, “un’abnormità scientifica e un’aberrazione normativa”. Il fatto che il suo voto in Senato durante la discussione della Legge sul biologico sia stato l’unico contrario è dipeso, a suo avviso, anche dal fatto che in aula non si sia data lettura dettagliata dei disciplinari che immediatamente avrebbero resa evidente la natura tutt’altro che scientifica dei principi base dell’agricoltura biodinamica. Ma, d’altra parte, l’approccio ritenuto come “più naturale” influenzerebbe tanto i parlamentari quanto la gente comune. L’intervento di Cattaneo su Micromega tra maggio e giugno scorsi, ha suscitato una sorta di botta e risposta con Piero Bevilacqua – docente di Storia contemporanea che si occupa di storia dell’agricoltura da tempo – il quale sostiene come gli studi sul suolo si siano molto sviluppati ed evoluti dai tempi del fondatore Rudolf Steiner in seno alla ricerca agronomica, modificandone la concezione: non più mero supporto neutro ma elemento dell’ecosistema, diversamente da ciò che accade nell’agricoltura industriale.
“Una ricerca pubblicata non su un rotocalco di provincia, ma su Science il 31 maggio 2002, (P. Maeder e altri, Soil fertility and biodiversity in organic farming) – la citazione di Bevilacqua tra le pagine di Micromega – che comparava 21 anni di raccolti di aziende biodinamiche, biologiche e convenzionali mostrava un meno 20% di prodotto delle prime, ma meno tra 33% e 53% di consumo di energia e fertilizzanti e meno 97% nell’uso di pesticidi». Cattaneo, dunque, per Bevilacqua, sarebbe vittima «di una scienza vecchia», concentrata sulla produzione ad ogni costo, e il suo pensiero frutto di studi personali e per sua formazione inesistenti. Lo studio citato da Bevilacqua, però, è stato segnalato da Silvio Fusi, chimico, come non rigoroso «poiché nelle comparazioni fatte tra colture biodinamiche e non, oltre all’uso dei preparati biodinamici, vi erano anche altre importanti differenze nelle tecniche di coltivazione”.
Insomma, mentre la legge che ad oggi propone di equiparare il biologico al biodinamico è ancora in fase di valutazione e discussione, e non vicina all’approvazione, anche il dibattito scientifico prosegue e non pare arrivare a conclusione in tempi brevi.