Greenpeace e il Coordinamento Nazionale della Pesca hanno presentato il 22 ottobre a Roma un manifesto congiunto, che unisce il mondo della pesca e dell’ambientalismo contro la strategia di sfruttamento delle risorse energetiche fossili in mare voluta dal governo.
Le attività di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi offshore – facilitate nel proprio iter di approvazione dal cosiddetto decreto Sblocca Italia – rappresentano una grave minaccia per il nostro mare e mettono a rischio la salute e l’integrità degli ecosistemi marini e l’intero comparto della pesca.
 Studi scientifici, infatti, dimostrano una pesante riduzione delle catture per numerose specie ittiche, ad esempio in aree soggette a indagini sismiche con airgun (un congegno per le prospezioni marine che fa esplodere una bolla d’aria sott’acqua), con decrementi che possono superare il 50 per cento.
Studi scientifici, infatti, dimostrano una pesante riduzione delle catture per numerose specie ittiche, ad esempio in aree soggette a indagini sismiche con airgun (un congegno per le prospezioni marine che fa esplodere una bolla d’aria sott’acqua), con decrementi che possono superare il 50 per cento. 
Il Mare Nostrum è un punto caldo di biodiversità marina. Una ricchezza di specie che sostiene un’importante economia ittica particolarmente in aree, come lo Stretto di Sicilia e l’Adriatico, minacciate dalle trivelle. Nel solo bacino Adriatico la produzione ittica si attesta intorno ai 300 milioni di euro l’anno, offrendo lavoro a circa 10 mila persone, alle quali si aggiungono gli addetti del settore dell’acquacoltura e della mitilicoltura.
Hanno presentato il manifesto congiunto Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia e i presidenti del coordinamento pesca dell’Alleanza delle cooperative italiane (AGCI Agrital, Federcoopesca-Confcooperative, Lega Pesca). E’ intervenuto anche Junio Fabrizio Borsani dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).



 
		
		
		







