Le nuove norme sul vino biologico, che saranno pubblicate a breve sulla Gazzetta ufficiale, saranno al centro del 1° Forum su Vino Biologico e Biodinamico in programma il 24 febbraio a Siena, presso Enoteca Italiana (dalle 14.30 alle 19.30), organizzato da Biolitalia – l’associazione di produttori bio di cui Icea è partner – e dal Ministero dell’Agricoltura, in collaborazione con BioEco Certifica.
Il Forum (locandina e programma con la scheda di adesione su icea.info) verterà sulla nuova normativa, sui disciplinari di produzione, il mercato e la filiera sostenibile. Al termine dell’evento, coordinato dal giornalista Federico Fazuoli, per tutti i partecipanti degustazione – curata da Pierpaolo Rastelli, curatore della Guida ai Vini d’Italia Bio – dei vini vincitori delle varie categorie presentate alla Rassegna Biolwine tenutasi al Sana di Bologna a settembre.
Info: Segreteria organizzativa Biolitalia Rif. Floriana Di Cintio: Tel. 0805582512 – info@biolitalia.it – www.biolitalia.it
Le nuove norme.
In base al nuovo regolamento dunque, applicabile a partire dalla vendemmia 2012, i viticoltori biologici potranno utilizzare il termine “vino biologico” sulle etichette. Inoltre l’etichetta deve riportare il logo biologico dell’Ue e il numero di codice del competente organismo di certificazione, rispettando le altre norme in materia di etichettatura del vino. Le norme in vigore concernenti il “vino ottenuto da uve biologiche” non coprono le pratiche enologiche, ossia l’intero processo di vinificazione. Il settore vitivinicolo è l’unico al quale ancora non si applica integralmente la normativa dell’Ue sulla produzione biologica, prevista dal regolamento (Ce) n. 834/2007.
Una prima analisi.
La nuova normativa è subito oggetto di analisi critiche. Di seguito, le prime impressioni del segretario Assobio, Roberto Pinton (che parteciperà al Forum):
‘La genesi del regolamento è stata abbastanza sofferta; la discussione è iniziata nei primi mesi del 2009, ma nel giugno 2010 il commissario Ciolos si era visto costretto a ritirare la bozza di proposta della Commissione per il mancato consenso degli Stati membri: quelli meridionali, Italia compresa, contestavano la limitata differenza con le pratiche enologiche convenzionali; qualcuno di quelli centro-settentrionali sollecitava dosaggi di solfiti più elevati’.
I vini di cui è dimostrabile la produzione in conformità alla nuova normativa – anche se delle vendemmie scorse – potranno esibire il logo europeo. Se a essere conforme è soltanto la produzione agricola (e non per il processo di vinificazione), il prodotto potrà essere etichettato solo con riferimento alle uve (vino da uve biologiche) e senza utilizzo del logo, così come ora.
La percentuale di anidride solforosa ammessa – sottolinea Pinton – è elevata, e cioè di 100 mg/l per i rossi (è 150 mg/l sul convenzionale) e di 150 mg/l per bianchi e rosati (è 200 mg/l sul convenzionale). Per gli spumanti si va dai 155 mg/l (contro 185 mg/l sul convenzionale) per i DOC e IGT, a 205 mg/l (contro i 235 mg/l) per gli altri. Si può arrivare a 270 mg/l (contro i 300 mg/l per il convenzionale) per Loazzolo, Alto Adige e Trentino passiti o da vendemmia tardiva, per il Colli orientali del Friuli Picolit e il Moscato di Pantelleria, a 370 mg/l (contro i 400 mg/l del convenzionale) per l’Albana di Romagna passito; ci limitiamo a segnalare le deroghe per i vini italiani (nelle diverse categorie sono presenti numerosi vini esteri).
‘La riduzione dell’anidride solforosa è talmente limitata – prosegue – da non poter probabilmente essere spesa per la promozione del prodotto, che dovrà concentrarsi sugli aspetti ambientali e agricoli. Parte delicata è la previsione che, a fronte di condizioni climatiche eccezionali che conducano a una vendemmia con significativi problemi batterici o fungini, l’autorità nazionale competente possa autorizzare l’uso di solfiti fino alla soglia massima ammessa nei vini convenzionali. Sarà necessario vigilare sul fatto che al di là delle Alpi le deroghe non siano generalizzate e costanti, ma soltanto una tantum e riferite ad aree geografiche ben circoscritte e limitate’.
Approfondendo, il segretario di Assobio evidenzia come neppure l’ammissione delle resine a scambio ionico, dell’osmosi inversa, del riscaldamento fino a 65/70 gradi (ma non della crioconcentrazione), tutte prassi diffuse nell’enologia convenzionale, siano particolarmente utili per promuovere il vino biologico.
‘E’ previsto che i tannini debbano essere bio, ma non i chip di quercia (l’uso dei quali è da qualche anno ammesso nella produzione di vino in genere con funzione aromatizzante che simula l’affinamento in barrique: invece di mettere il vino nelle botti, si mettono le botti nel vino, con un processo che a tutti gli effetti è di infusione). Dato che anche sulle querce si ricorre a trattamenti (contro insetti defogliatori, xilofagi e funghi), non sarebbe stato inopportuno – conclude Pinton – prevedere che le essenze di provenienza dei chip non fossero state trattati con sostanze non ammesse in agricoltura biologica e che fosse richiesta quantomeno una dichiarazione del fornitore sulla situazione dei boschi di prelievo (non limitrofi a fonti di inquinamento quali inceneritori, discariche o centrali nucleari)’.