L’Istituto centrale per la qualità e la repressione delle frodi (ICQRF) del ministero dell’Agricoltura sapeva molti mesi prima dell’intervento della Guardia di Finanza di Verona (l’operazione ‘Gatto con gli Stivali’) del grosso traffico di falsi certificati bio che circolavano in Italia.
Il dato emerge da alcuni documenti diffusi dallo stesso ministero lo scorso gennaio, dai quali si evince che non solo è mancato un intervento rapido per bloccare un flusso che purtroppo è continuato fino ai primi di dicembre del 2011, recando un gravissimo danno agli operatori onesti del settore, ma anche che è mancata la necessaria comunicazione interna tra i diversi uffici ministeriali competenti che ha impedito alcune importanti procedure previste dalla normativa europea a tutela del mercato e, alla fine, dei consumatori.
Risulta che l’ICQRF abbia ricevuto informazioni dettagliate sulla clamorosa truffa da certificatori danneggiati da falsi certificati che portavano il loro marchio nella documentazione, ragione per la quale questi si sono immediatamente attivati per chiedere il ripristino di condizioni di legalità.
Una segnalazione circostanziata è giunta al ministero da un organismo di certificazione danneggiato con data 20 settembre 2010, quindi 14 mesi prima che scattassero gli arresti e i sequestri di prodotti falsi, ma, secondo alcune fonti, il ministero avrebbe iniziato a sapere addirittura dal gennaio del 2010.
Ci si può chiedere (o forse ci si deve chiedere) come mai chi sapeva (alla fine i falsi certificati provenivano da un solo organismo tedesco-rumeno collegato a importatori) non ha agito tempestivamente, permettendo alla truffa di rimanere impunita e di assumere dimensioni, di mese in mese, sempre più vaste? A quanto pare, questa domanda se la sono posta anche i competenti uffici di Bruxelles che l’hanno girata a Roma, creando reazioni di evidente imbarazzo.
Si spiega così la messe di documenti ministeriali successivi ai primi di dicembre 2011, documenti che, facendo almeno in parte chiarezza, evidenziano lacune e ritardi sconcertanti nel sistema dei controlli.
Alla luce di questo si capisce meglio di prima perché Federbio abbia deciso nei giorni scorsi (vedi notizia pubblicata da GreenPlanet) di costituirsi parte civile nel procedimento in corso, mettendo a disposizione della Procura di Verona ‘tutte le informazioni in proprio possesso perché tutti coloro i quali con il loro comportamento e venendo meno ai loro doveri possono aver arrecato danno al settore vengano perseguiti a norma di legge’.
Il ministro Mario Catania è al corrente, in modo dettagliato, della situazione. I rappresentanti del settore gli hanno chiesto un incontro urgente il 9 gennaio scorso. Alcune materie prime biologiche (i mangimi, per esempio) potrebbero presentare ancora problemi irrisolti. Al biologico italiano non bastano le buone intenzioni della grandissima maggioranza degli operatori, servono garanzie di sistema che oggi, alla luce di quanto sopra, mancano, con grave danno per i consumatori e per un settore trainante dell’agro-alimentare e quindi dell’economia italiana (come se non bastasse la crisi).
Antonio Felice