Bruxelles delude l’agricoltura ambientalista

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Riportiamo da ‘Bioagricoltura Notizie’ un commento di Mariagrazia Mammuccini (coordinatrice del Comitato scientifico di Firab) sulla riforma della PAC, da cui traspare una delusione che GreenPlanet condivide fino in fondo. Eccolo qui di seguito.

‘L’accordo finale del trilogo europeo (Parlamento, Consiglio e Commissione) sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) è stata una delusione per le 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica tra cui AIAB, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF. Si tratta infatti di una falsa riforma che non avrà sostanziali ricadute positive sulla tutela dell’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulla competitività e l’innovazione delle imprese agricole italiane ed europee.

Il lungo confronto iniziato alla fine del 2011 sulla proposta della Commissione Europea si è concluso con molte parole e pochi fatti concreti. Una falsa riforma della PAC che non aiuta né l’ambiente né l’economia, confermando i sussidi all’agricoltura industriale ed i vecchi privilegi, senza introdurre vere innovazioni per una maggiore competitività e sostenibilità ambientale ed economica delle nostre imprese agricole. In questo momento di crisi economica era necessaria una svolta radicale per l’agricoltura europea ed italiana verso un nuovo modello in grado di premiare le aziende agricole più virtuose, che producono maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e capacità di creare lavoro per i giovani.

Si è trattato, invece, di una riforma solo annunciata ma che non avrà nella quotidiana gestione delle pratiche agricole delle effettive ricadute positive per la tutela della biodiversità, il contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile dell’acqua, il sostegno all’agricoltura biologica e multifunzionale.

Molti gli esempi che si possono fare: a partire dall’introduzione della spesa minima obbligatoria del 30% prevista per le misure agro-climatiche-ambientali per le risorse nello sviluppo rurale di cui sono però state drasticamente ampliate le misure ammissibili per includere anche quelle con poco o nessun effetto ambientale positivo. Le associazioni ambientaliste e del biologico chiedevano per questo un aumento al 50%. Con l’inclusione delle spese per investimenti materiali l’aumento previsto del 5% rispetto al precedente 25% sarà facile da raggiungere e non produrrà concretamente nessun reale beneficio per l’ambiente.

Verrà poi cancellato il vincolo del rispetto delle norme in applicazione delle due direttive da parte di tutte le aziende agricole che ricevono contributi dalla PAC (condizionalità), in cambio è stata prevista una consulenza tecnica obbligatoria per le aziende agricole sulle materie relative all’applicazione delle due direttive. Questa norma non garantisce il rispetto delle due direttive da parte degli agricoltori perché non ci sarà nessun collegamento diretto con i sussidi che ricevono e rischia di rendere non efficace l’applicazione del Piano di Azione sull’uso sostenibile dei pesticidi che l’Italia deve ancora adottare per le forti resistenze delle lobby dell’agricoltura convenzionale basata sulla chimica. Per le superfici aziendali destinate alla tutela della biodiversità ed infrastrutture verdi è stata fissata la percentuale del 5% dal 2015 che potrà essere elevata al 7%, solo dopo una valutazione da parte della Commissione UE. La soglia per l’obbligo di applicazione delle EFA è stata fissata a 15 ettari, viene pertanto esclusa il 35,5% della superficie agricola in Europa. La dimensione media delle aziende agricole italiane è 8 ettari, da questa norma del greening saranno pertanto escluse la maggioranza delle aziende agricole del nostro paese.

L’accordo prevede anche un principio di equivalenza discutibile ed esenzioni per le pratiche agro-ambientali di basso livello, che svuotano l’eco-compatibilità di tutta la sostanza. Per accedere ai finanziamenti del greening (30% del pagamento base) sono esentate le aziende al di sotto di 10 ettari e tra i 10 e 30 ha sono necessarie solo 2 colture per la diversificazione, con la coltura principale che non copre più del 75% della superficie (questo significa che il 46% della superficie agricola europea è esente da uno dei tre requisiti del greening) La dimensione media delle aziende agricole italiane è 8 ettari, anche da questa norma del greening saranno pertanto escluse la maggior parte delle aziende agricole italiane. Nessun reale rafforzamento del secondo pilastro sullo sviluppo rurale vero strumento strategico per le imprese agricole e per il territorio nel quale la conferma della previsione del finanziamento degli strumenti assicurativi contro le calamità naturali e la stabilizzazione dei redditi, misure estranee allo Sviluppo Rurale finiranno per assorbire una parte rilevante delle risorse disponibili.

La profonda delusione per il tavolo delle associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica è quindi ampiamente motivata. Adesso si aprirà il processo di programmazione 2014 – 2020 a livello nazionale e regionale, dove utilizzando gli elementi di flessibilità a disposizione ci sarà la possibilità di migliorare rispetto a quanto è stato approvato a livello europeo. L’impostazione degli strumenti operativi da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e delle Regioni renderà evidente la reale volontà di scegliere un’agricoltura più sostenibile per l’ambiente, attenta ai beni comuni e all’interesse generale. Le 14 associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica auspicano che almeno per questo nei prossimi mesi ci sia un ampio e costruttivo confronto con tutte le parti sociali ed economiche interessate all’attuazione della futura PAC’.

(Fonte: Bioagricoltura Notizie)

 

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